Il trail di Robilante che celebra Marco Olmo

“Olmo un mito”, lo dicono gli abitanti di Robilante (Cuneo) che glielo scrivono anche sui sassi e i fasci di legna, lo dice la sottoscritta che domenica ha partecipato al trail a lui dedicato chiamato “Sui percorsi di Marco Olmo”.

Una corsa organizzata dalla ASD Podistica ValVermenagna Buzzi Unicem di 15,3 chilometri, con un dislivello positivo di 900 metri, con start e arrivo a Robilante (a quota seicento metri).

La sera precedente la gara un forte temporale ci ha tenuti tutti svegli, così anche Marco non ha dormito granché, ma per lui credo ci fosse un po’ di agitazione visto che domenica tutto il paese era in festa per celebrarlo.

Alle 9.30 partiamo (anche se lo striscione dice arrivo), siamo in 250; scorgo una scritta “Marco Olmo Campione delle Sabbie”.

Ma come campione delle sabbie? Già, perché l’ultra-runner è un montanaro doc che ama i deserti.

Incredibile, ma vero. Del resto lo scorso aprile, all’età di 67 anni, si è piazzato 16° assoluto alla Marathon des Sables. Con orgoglio me lo fa presente a cena, di fronte a una pizza all’ortolana, mentre la moglie Renata spiega come lo segua da sempre dandogli dei consigli. Lei si accorge subito se esagera negli allenamenti perché «si inclina maggiormente sul lato destro», così gli dice di rallentare, ma lui risponde che non ha problemi, però Renata sa che i giorni seguenti le darà retta e rallenterà il ritmo.

Del resto dietro un grande uomo c’è sempre una grande donna.

Così la moglie, insieme alla sorella Fernanda, ci ha atteso nei ristori lungo l’impegnativo percorso.

A proposito di percorso, com’era?

Beh, ieri e oggi ho le gambe durissime, le salite non mi hanno spaventato più di tanto ma la discesa sì; il terreno era scivoloso a causa della pioggia copiosa per cui per non rischiare di cadere frenavo parecchio.

Il primo chilometro d’asfalto l’ho corso con Linda Sanders, l’amica runner di Marco che vive a Los Angeles, poi ho proseguito con Marta, Laura, Silvia, tante altre e Marino, un medico vicino di casa del campione abituato a correre su e giù per i monti (ha corso cinque volte la famigerata Cro-Magnon), che non ha spinto come avrebbe potuto per aspettare noi runners di pianura poco abituati ai saliscendi.

Tanti gli scorci meravigliosi, con Marino a parlarmi di questa cresta piuttosto che dell’altra «girati a destra, guarda a sinistra quella vetta innevata», e così via. Sì, sì ma intanto arriva l’acido lattico alle gambe e la sofferenza tenta di distrarmi, ma non ce la fa.

E infatti vedo un angelo (non sono allucinazioni), mi fermo per fotografarlo mentre tutti accelerano perché siamo arrivati in un falsopiano. È disegnato sul muro esterno di una casa diroccata, dipinta di rosa. Click, click.

Però ora corri Irene, corri, non fermarti più, ma inevitabilmente arriva un’altra salita che mi frena. Poi una discesa, poi un altro meraviglioso scorcio. Ci siamo quasi, mancano due chilometri, però il medico mi spiega che il bello deve ancora arrivare.

Penso che voglia spaventarmi e invece voleva preparami psicologicamente al cosiddetto “muro Olmo”, uno strappo con pendenza del 37 per cento. Aiuto. Ultimo sforzo, ma che sforzo.

Finita la salita segue una discesa facile che ci porta in paese. Ce l’ho fatta, mi aspetta una corsa finale sul tappetto rosso.

Sudatissima scorgo Folco Terzani, arrivato da un quarto d’ora, con i piedi e le caviglie ricoperti di terra perché mi spiega che: «alla fine l’ho corsa tutta a piedi nudi, non c’erano tanti ricci di castagne e il temporale ha reso le loro spine più morbide».

Dopo circa trenta minuti arriva Olmo, insieme a Linda e ad altri due partecipanti. Per lui l’ovazione del pubblico e l’abbraccio della moglie Renata.

Per la cronaca, la gara è stata vinta da Diego Oreglia in 1h17’23”, di Cherasco, della Podistica Marene 2000. Tra le donne, successo di Lara Mustat che ha chiuso in 1h29”.

Bella gara e tante emozioni, del resto ho corso sui sentieri del Campione, il più forte di tutti, che non fa pesare la sua grandezza, e forse proprio per questo è il migliore.

L’autografo sul pettorale mi ha portato bene; le mie gambe ruotavano magicamente come se avessi già corso in montagna. Ora mi fanno male, però mi ricordano la bellezza di quel tracciato che quasi ogni giorno vede transitare il top atleta. Grazie Marco!

Foto credits di Tommaso Gallini