«Non puoi più correre!». Era il 2004 e un brutto incidente stradale mi causò la frattura di molte ossa, tra cui la sacroiliaca, un osso del bacino molto importante che ci permette di restare in piedi. Era proprio rotto; la parte alta del corpo non sembrava collegata a quella bassa. Avete presente le marionette? Sì, quando vengono allentati i fili e le gambe si piegano e franano?!?
«Non potrai mai più correre, ma ti è andata bene», mi dicevano tutti a più riprese.
Ho passato giorni in sedia a rotelle, poi con le stampelle… E pensare che il giorno prima dell’incidente ero andata ad allenarmi, del resto correvo dall’età di sei anni.
Poi la riabilitazione, lunga, dolorosa e faticosa. Ed era vero, non riuscivo più a correre. Mi sono messa a nuotare, 3-4 volte alla settimana, per sei lunghissimi anni, senza stop.
Timidamente qualche volta accennavo a qualche passo di corsa, ma quella maledetta sacroiliaca pungeva, eccome, e mi diceva che non potevo.
Ma caspita sapevo correre, quello ero in grado di fare, era la cosa che mi riusciva meglio, e adoravo sudare, soffrire, gioire, vincere ma anche arrivare negli eccetera, e non mi rassegnavo all’acqua (ma lì dov’è il sudore?! Mi hanno detto che sudiamo anche nuotando ma non ce ne accorgiamo, ma io voglio accorgermene).
Ho continuato a nuotare, a fare qualche camminata e a pensare che ero molto fortunata perché a parte correre, potevo fare tutto.
Però la mia testa era ed è dura, così dopo avere consultato tanti specialisti e averle provate tutte, ho tolto i plantari asimmetrici che dovevo calzare nelle scarpe da running (una gamba era diventata leggermente più corta, pare) e mi sono buttata, timidamente nella corsa: 5, 10, 12, 21K! Non sentivo più niente!!!!!!!!!!!!!! Potevo ancora volare! E la prova delle prove è arrivata con la maratona, la prima della mia vita: New York 2013.

Maglia grigia: Silvia, maglia bianca e rossa. Emilia. E io sono dietro, a immortalarle durante la New York City Marathon 2013
Ero sul Ponte di Verrazzano, c’era freddo, freddissimo e c’era un vento forte che sembrava volesse spazzarmi via. Alla partenza ho trovato due angeli inaspettati che mi hanno supportato e spronato: Emilia e Silvia. Partenza! Meglio, ci si scalda! Km dopo km aspettavo che arrivasse il dolore, la fitta, nel solito punto che ogni tanto si affacciava, ma niente, stavo benissimo e potevo proseguire… E chi si ritira più?!? No, no, vado avanti e termino. E ce l’ho fatta sapete, chiudendo in 4 ore 20 minuti. Non un gran tempo, lo so, ma non avevo partecipato per il tempo, la mia era un’altra storia. Quando ho tagliato il traguardo ero così felice. Ce l’avevo fatta e alla faccia di chi mi aveva detto «mai più corsa».
Domenica correrò la mia seconda maratona, quella di Roma. No, non sono preparata a dovere… Come tanti i runners che si allenano con continuità, ho avuto qualche problemino lungo il percorso (una caduta in realtà in bici) lo scorso inverno che mi ha fermato per un po’.
Una salsiccia al posto del ginocchio e un bel versamento osseo .
Così ho ripreso da poco e non ho molti km nelle gambe. Ecco, ci vorrebbero ancora gli angeli.
Ma chissenefrega… Ci provo! Correrò in un museo a cielo aperto, e quando mi ricapita?!?
Talvolta ci pongono dei limiti, altre volte siamo noi stessi a porceli, pensando di non essere in grado di fare una certa cosa; personalmente ho imparato che se ci credi e vuoi qualcosa vai fino in fondo, con l’impegno e la costanza. Talvolta ti scoraggi, ti fermi, ma poi riparti. Più forte.
E questo è l’arrivo della Maratona di Roma che spero di calpestare di corsa 🙂
Fotografie di Pierluigi Benini