Su, su, sempre più su per circa settecento metri, lambendo il timido corso d’acqua, affondando nella terra bagnata, calpestando le radici e le pietre screziate, circondata da piante altissime la cui cima è impossibile da scorgere (e per forza, il loro tronco può raggiungere i 50 metri!). Si corre nel Parco Nazionale delle Foreste Casentinesi!
Il sole non riesce a farsi spazio tra le fitte fronde, così che il trail di 14 chilometri abbinato al Campionato del Mondo di Trail Running che si è disputato sabato scorso, risulta non troppo impegnativo dal punto di vista del meteo.
L’invito a correre la gara e a scoprire il questo meraviglioso parco, situato nell’Appennino tosco-romagnolo, tra le province di Forlì-Cesena, Arezzo e Firenze, è arrivato da Soul Running, che ha organizzato la bellissima trasferta tra Bagno di Romagna e Badia Prataglia.
La prima cosa che mi ha colpito di questo questo luogo incantato è stata la sua dolcezza e armonia; non so dirvi il motivo, sarà per la vegetazione composta per lo più di faggi e abeti bianchi che si susseguono slanciati e regolari, o forse perché i sentieri non presentano strappi impossibili, e le salite sono compassate, adatte anche a una runner di pianura come me.
La guida, Stefano, mi spiega che questi alberi furono utilizzati nel Medioevo per creare delle grandi opere come il Duomo di Firenze, o meglio la cupola di Brunelleschi. E vitali per la conservazione delle foreste, furono gli insediamenti monastici di San Romualdo a Camaldoli e di San Francesco d’Assisi a La Verna, che naturalmente ho visitato.
Ma andiamo per gradi, la scoperta appieno della foresta l’ho fatta di corsa grazie al trail. Dopo l’arrivo della competizione Mondiale di 50 km che ha visto trionfare lo spagnolo Hernando Luis Alberto in 4:23:31, e tra le donne la francese Adeline Roche, 5:00:44, sono partiti gli short trail di 24 e 14 km.
Mi trovo allo start, controllo i lacci delle scarpe e il gilet che cerco di stringere ancora un po’, mentre un runner mi avverte che la gara, la corta, è dura perché strappa subito in alto e non dà tregua per un bel po’ di chilometri. Oddio grazie, già sono agitata perché quest’anno non ho ancora corso in montagna, preferendo il piano e la strada per ragioni di comodità, visto che le prime montagne da casa distano 80 km. Però non mi faccio scoraggiare, e penso che al massimo camminerò godendo del paesaggio e della compagnia.
Si parte! In pochi secondi dall’asfalto mi ritrovo nella terra del bosco e mi accorgo che la salita è corribile. Peccato che a un certo punto strappi sempre di più e allora cammino, come fanno la maggior parte dei concorrenti. Una ragazza in gonnella e top, va via veloce e mi sorpassa. Penso “sarà molto allenata” e invece mi sbaglio perché dopo poco rallenta e si ferma. Nel frattempo c’è un leggero falsopiano e allora riprendo a correre. C’è la deviazione, le due gare si dividono e io procedo fiduciosa.
Siamo al 5° chilometro e il cielo velato lascia lo spazio ai raggi del sole che illuminano il sottobosco schiarendo le ombre. Sogno il ristoro perché ho finito l’acqua; Stefano, il trail-runner di Cortona che ho conosciuto strada facendo, mi avverte che manca poco. E infatti ecco il tavolo pieno di barrette, gel, integratori energetici e salini. Opto per l’acqua, due bicchieri, e riparto. Pochi metri ancora di salita e c’è solo discesa.
«Ci vediamo giù» mi urla il mio compagno di “viaggio”. Come ci vediamo giù?!? Troppo tardi, è scattato via veloce come un capriolo, a differenza di me che corro con il freno tirato. Però si va che è una bellezza e allora spingo di più, mi lascio andare e sorpasso prima una e poi due ragazze, e resto sola. Mi sembra di volare e mi diverto, perché sfioro appena le pietre e penso a quanto sia vero che correre è un po’ come volare. Così mi trasformo in una rondine, e volteggio verso il paese. Vado giù, sempre più giù; il sole si fa più caldo, il verde cede lo spazio alla strada asfaltata, alle case e al tifo. Transito sul tappeto rosso del mondiale e chiudo la gara in 1h36’, felice e ancora piena di energie. E allora mi dico che forse potevo correre i 24 km, per godere ancora di più dell’immensità di questo parco che non ti travolge, ma ti sorprende con gentilezza per accompagnarti nel tuo cammino, che sia di corsa, a passo veloce o tranquillo.
IMPERDIBILE
L’Eremo di Camaldoli è in provincia di Arezzo, a 1100 metri di altezza ed è inserito all’interno del Parco Nazionale delle Foreste Casentinesi. Fu fondato da San Romualdo nel XI secolo. Ed è qui che è passato il trail mondiale, lambendo una parte del muro che cinge l’eremo. Si può visitare la chiesa al cui interno sono conservate delle opere in ceramica dei Robbia, e la cella di San Romualdo, che si affaccia su un piccolo giardino di rose antiche (riconoscibili perché hanno pochi e grandi petali).
Il Santuario della Verna, posto a Chiusi della Verna, in provincia di Arezzo, e noto per essere il luogo dove San Francesco, nel 1224, durante una visita ricevette le stigmate. È impressionante perché si erge a 1128 metri di altezza sul monte Penna e dalla cui terrazza si gode di un panorama incredibile. «Siamo in 34 al momento, 4 suore e i restanti sono frati, ma 15 sono in pellegrinaggio», mi spiega una suora che ho incontrato all’interno del complesso religioso. Qui potrete trovare le opere in ceramiche più belle di Andrea della Robbia.
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