Renato Barilli: lo sport, una specie di Body Art

Beh, oggi vi presento una persona che mi sta particolarmente a cuore. No, non è un runner, ma qualcuno che mi ha saputo trasmettere in maniera inusuale l’amore per l’arte. Incuteva timore all’università (un po’ a tutti), ma se lo sapevi prendere per il verso giusto assistendo alle sue magnifiche lezioni, nelle affollate aule di via Zamboni (Bologna), era fatta… Catapultati con semplicità nell’universo dell’arte. Di chi sto parlando? Di Renato Barilli, professore emerito presso l’Università di Bologna, dove ha svolto una lunga carriera insegnando “Fenomenologia degli Stili” al DAMS. Con lui, a distanza di anni mi sono ritrovata a parlare di arte e di “movimento”.

Il professor Renato Barilli - Running Post

Assistere alle sue lezioni significava interagire, proporre interpretazioni personali, partecipare attivamente. Un approccio “dinamico”; questo modo di insegnare l’ha acquisito da qualcuno in particolare?

Mi sono formato alla scuola della fenomenologia, giuntami attraverso le lezioni di estetica di Luciano Anceschi, a sua volta allievo di Antonio Banfi, a sua volta influenzato da Edmund Husserl, e dunque, fedele a questa linea, parto sempre dalla “sospensione del giudizio” per procedere a un approccio il più possibile diretto ma anche problematico sui fatti di ogni ordine, a cominciare ovviamente da quelli dell’arte e della letteratura, cui va il mio interesse principale.

Parliamo di movimento (inteso come continuo e progressivo cambiamento di posizioni) nell’arte, come viene rappresentato? Può indicare le opere fondamentali che lo rappresentano (in pittura, scultura, architettura)?

Il movimento per secoli era negato alle arti visive, che potevano solo inserirlo a livello virtuale, con immagini ferme. Il Novecento invece, grazie ai continui progressi tecnologici, lo ha potuto possedere in termini reali, dapprima con i dispositivi elettromeccanici, poi, oggi soprattutto, col video.

Se le chiedessero di curare una mostra sul MOVIMENTO, come si articolerebbe, quali opere comprenderebbe, quale location sceglierebbe?

Basterebbe indicare le tappe cui ho alluso brevemente sopra: si partirebbe con Duchamp e i suoi rotoreliefs, poi verrebbe il capitolo dei cinetici milanesi e padovani, assieme a famosi esponenti dell’America latina, infine si entrerebbe nello sterminato regno del video, senza dimenticare che il cinema lo aveva preceduto.

Scrivendo per una rivista sportiva e un blog che si occupa di running, non posso non chiederle come viene espressa la corsa nell’arte; c’è un’opera in particolare che secondo lei rappresenta questo antico sport in modo esemplare?

Potrei ricordare le sequenze fotografiche di Muybridge dedicate alla corsa dei cavalli, in cui l’artista si poneva il quesito di verificare se ci fosse stato un momento in cui le zampe dell’animale fossero state tutte insieme sollevate da terra.

Ha praticato qualche sport o se lo segue, ad esempio in occasione di grandi eventi come i Mondiali di calcio o le Olimpiadi?

Lo sport è una magnifica occasione di esprimere gli aspetti dinamici ed anche estetici del corpo, una specie di Body Art, che non può lasciare indifferente chiunque ami queste espressioni.

Oggi nell’arte si può ancora inventare (grazie ad esempio alla tecnologia), oppure occorre attingere dal passato e reinventarlo?

La tecnologia c’è sempre stata, e in ogni tempo l’arte ha sempre proceduto in stretto collegamento con l’innovazione tecnologica. Oggi il collegamento risulta particolarmente evidente. Come dicevo sopra, e come ho indicato nella mostra “La ripetizione differente” del ’74, i più avanzati strumenti tecnologici possono anche essere rivolti a riscoprire il passato, e dunque tra i due momenti temporali può sussistere una reciproca integrazione.

Un artista contemporaneo che apprezza in particolare.

Ce ne sono tanti. Negli USA domina su tutti Jeff Koons, in Giappone Murakami, ma anche le donne artiste Mariko Mori e Tabaimo. L’elenco è gremito, l’arte sta vivendo un momento felice, dato che ora si fa ai più alti livelli e in ogni Paese. E accanto ai maschi, intervengono in misura sempre più incisiva anche le donne.

Il commento più bello che le hanno fatto e quello più ingiusto (se c’è stato).

La carriera di quasi tutti è come un dondolo, si va su e giù, non bisogna abbattersi troppo quando si scende, né montarsi la testa quando si sale.

Un desiderio, sogno professionale o personale che vorrebbe realizzare?

In fondo, desidero realizzarmi al meglio in tutti gli aspetti in cui ritengo di avere qualche dote e possibilità di recare contributi positivi.