Samantha Cristoforetti: 200 giorni di corsa

Samantha Cristoforetti corre l’Italia da Nord a Sud, grazie al tour post volo relativo alla missione Futura dell’ASI (Agenzia Spaziale Italiana), che la sta portando ad attraversare la nostra Penisola, toccando alcune delle città a cui è particolarmente legata, per ragioni professionali e personali. Ieri era a Bologna per incontrare gli studenti (e cittadini) della Bologna Business School, all’interno dell’Aula Magna Santa Lucia. Perfettamente a proprio agio ai microfoni, insieme ai suoi colleghi di volo della Expedition 42/43, l’americano Terry Virts della NASA e il russo Anton Shkaplerov della Roscosmos.

Beh lo ammetto, mi ha fatto un certo effetto incontrarla; con lei feci una lunga chiacchierata telefonica un anno e mezzo prima che partisse per lo spazio, parlando soprattutto degli allenamenti preparatori che prevedevano tanto running.

Ha esordito parlando del lancio a bordo della navicella Soyuz che l’ha portata sulla Stazione Spaziale Internazionale: «Siamo rimasti quasi sette mesi nello spazio, la nostra avventura è iniziata nel momento del lancio dopo anni di preparazione. Eravamo noi tre seduti stretti-stretti perché la capsula è molto piccola, ci siamo staccati da terra e abbiamo iniziato il nostro viaggio».

Poi ha raccontato dei tanti esperimenti scientifici: «Ci sono numerosi fenomeni che è possibile studiare solo in condizioni di assenza di gravità».

Quindi dell’addestramento.

«Per andare nello spazio ci si allena sott’acqua, in una piscina profonda diversi metri, indossando uno scafandro pesantissimo; un training molto duro perché generalmente si sta in acqua dalle 6 del mattino alle 5.30 del pomeriggio».

Schermata 2015-10-09 alle 11.32.31E dello sport, parte integrante dell’attività quotidiana degli astronauti, per contrastare il declino fisico che si verifica durante i lunghi voli nello spazio. «Nello spazio si subisce la perdita di calcio delle ossa, l’indebolimento del cuore… per questo motivo ci allenavamo almeno due ore al giorno. Con un macchinario speciale facevamo sollevamento pesi, pensate in assenza di peso, e correvamo su un tappeto grazie a un’imbragatura che ci teneva ancorati alla pedana permettendoci così di muoverci senza staccarci».

Tanti poi gli aneddoti (quando si è fatta tagliare i capelli «la mia parrucchiera fa tutto in venti minuti, Anton ci ha messo più di due ore») e i ricordi, legati alle aurore, alle albe e ai tramonti che si susseguivano ogni novanta minuti (il tempo della ISS di completare un’orbita ruotando interno alla Terra), e ai giochi di luce che creavano i riflessi della luna.

Dopo la conferenza l’ho incontrata per pochi minuti, vis a vis, giusto il tempo di darle il libro “Il Papa non corre”, dove è presente nel capitolo “Scienza” insieme a Margherita Hack, e racconta del training preparatorio per andare nello spazio che prevede tanta corsa, e della collega Sunita Williams che in una precedente missione corse una 42 km spaziale.

«Nel 2007 la Williams, partecipò dallo spazio alla maratona di Boston; iscritta regolarmente è partita nello stesso momento in cui sono partiti i maratoneti sulla terra».

L’ho lasciata dicendole, mi raccomando continua a correre, lei mi ha sorriso e risposto: «ora corro in altro modo». Su e giù per l’Italia, per divulgare e far conoscere al grande pubblico l’impegno italiano a bordo della Stazione Spaziale Internazionale, nella quale Samantha ha vissuto per quasi 200 giorni. E ispirare tanti giovani a seguire le sue orme, a essere curiosi, e soprattutto a rispettare il nostro magnifico pianeta blu: la Terra.